Consapevolezza

C
È l’accorgerci di essere una parte di un tutto che genera una sana consapevolezza personale.


La nuova parola buona è CONSAPEVOLEZZA.

Nel momento in cui tirano a riva le reti, i marinai sanno mostrare la consapevolezza della loro fatica.

Mi è tornata in mente l’attività della pesca una domenica quando, in un’intervista del dopo partita, un allenatore di calcio ha dichiarato in radio tutto entusiasta: «Con questa vittoria i ragazzi hanno fatto salire a 10 la loro stima e la loro consapevolezza».

Ho pensato subito ai pescatori, perché sono persone che di giorno in giorno raccolgono dal fondo del mare ciò che nutre. Ho pensato alle donne e agli uomini che sanno tornare a casa anche con le reti bucate e in gran parte quindi vuote. Ho pensato al campo di calcio come uno specchio di mare proprio perché quel mister diceva che era pienamente soddisfatto che la rete, quella avversaria, fosse piena di goal dei suoi ragazzi. Ho pensato ai pescatori perché mi è parso banalizzante che un allenatore importante assoggettasse all’atto di vincere la possibilità che i giovani campioni diventassero più consapevoli delle proprie abilità.

Perché poi chiamarli ragazzi e non considerarli uomini o, almeno, giovani uomini? I pescatori dei quali mi sono ricordato avevano la sana consapevolezza di chi si misura con i risultati che porta a casa sul serio, e anche con ciò che é stato una volta, quando le condizioni erano diverse, e pure con ciò che è diventato nel tempo, perché tutto inesorabilmente si trasforma.

Non posso pensare che la massima autostima di uno sportivo possa essere generata dalla vittoria in una partita di campionato. Mi pare un’iperbole che, anche solo a pensarla, rischia di scoraggiare l’idea che si apprende in modo continuato nel tempo.

I pescatori che ho conosciuto io non si credevano certo i nuovi Capitan Findus dopo una battuta di pesca fortunata. In più, non ho mai conosciuto dei pescatori indifferenti alle emozioni degli altri. Le leggi non scritte del mare obbligano a saper gestire le proprie emozioni ma anche a riconoscere e comprendere quelle altrui, esercitando empatia per chi si ritrova sconfitto dalle onde e dalle tempeste.

Una consapevolezza da dieci decimi si ha quando riconosciamo il nostro modo d’essere autentico e giungiamo a realizzare pienamente noi stessi. Per questo, probabilmente, mi sono tornati alla mente i volti stanchi ma soddisfatti dei pescatori che rientravano all’alba: perché nelle ore della notte la loro pelle aveva assunto in modo indelebile l’odore del mare e quel profumo sarebbe stato il richiamo per tornare con costanza a ciò che erano, degli umili raccoglitori, tanto nei giorni in cui le reti risultavano piene, tanto se le reti rimanevano un po’ vuote.

La nuova parola buona è CONSAPEVOLEZZA.

Il riconoscimento del nostro valore arriva quando, guardandoci dentro, scoviamo un’immagine realistica di noi stessi.


Testo in simboli CAA

[Versione in simboli a cura di Antonio Bianchi, Centro Sovrazonale di Comunicazione Aumentativa di Milano e Verdello, secondo il modello definito dal Centro Studi inbook]


TI È PIACIUTA LA PAROLA BUONA? CONDIVIDILA!

Sergio Astori

Chi sono

Sono papà di Giulia e Silvia e marito di Monica, immunologa clinica.
Mi appassiona conoscere ciò che ci anima come donne e uomini, e studio le situazioni di limite che possono offuscare la bellezza delle persone.
Sono cresciuto a Bergamo, poi sono diventato medico a Milano, poi mi sono specializzato a Pavia in psichiatria e psicoterapia, infine ho completato gli studi con un dottorato in Salute pubblica, scienze sanitarie e formative.
Esercito a Milano dove insegno alla Facoltà di Psicologia dell’Universita Cattolica.
Quello che credo in una frase?
In noi l’intelligenza coniugata con la coscienza è una scintilla di infinito che può fare la differenza.