Mamma

M
Trame calde e raffinate come gli sguardi, gli abbracci e i sorrisi di una madre.
Foto di Kristina Paukshtite.

La trentacinquesima parola buona è MAMMA.


Nelle scorse settimane é mancato uno dei più fedeli lettori delle Parole Buone. Un brillante ottantenne che, nei mesi di crisi pandemica, era tra i primi ad attendere e a condividere sui social le Pillole di resilienza.

Spontaneo e delicato, così l’abbiamo trovato al nostro fianco nel progetto di sostegno verbale alla ripresa collettiva. Di certo ha chiuso gli occhi avendo sulle labbra l’invocazione  « Mamma », ciò che sussurrano tanti che lasciano questa vita.

 Il 25 aprile, Memoria della Liberazione, era già accanto alla sua mamma morta assassinata a soli 23 anni. Franco Leoni Lautizi è stato uno dei pochi sopravvissuti alla strage nazifascista di Marzabotto. Ha raccontato tante volte il crimine di guerra accaduto alle pendici di Monte Sole, in provincia di Bologna. Immaginate la scena di una drammatica pietà, dove al posto della madonna si trova una giovane quasi pronta a partorire a cui una raffica di mitra trafigge il grembo. Stretto a lei, abbracciato per ore a quel ventre straziato dal dolore e dalla certezza di non sopravvivere, il figlio Franco, di sei anni, colpito anche lui da tre pallottole. 

Da quel sacrificio in poi, mamma Mari Martina ha continuato a vivere dentro di lui. La riportava al cuore, mostrandola ancora viva, con parole poetiche: “Era bella mia madre anche nel dolore delle doglie. Poi il crepitio dei colpi di mitraglia ci lasciò sgomenti. I suoi urli di disperazione e di dolore erano quasi inumani ma anche in quei momenti aveva una carezza per me. Se c’è qualcuno in cielo, non può ignorare ciò che è sulla terra: era una ragazzina mia madre. Un incubo che mi perseguita per la vita ma nello stesso tempo rivedo il sorriso dolce di mia madre. Era veramente bella mia madre”. 

Con il tempo, Franco Leoni, dopo aver a lungo odiato, ha messo su famiglia e la luce del perdono ha fatto splendere i suoi occhi buoni. È accaduto quando ha preso coscienza di essersi trovato abbandonato a se stesso. “Un giorno, diceva, la vita mi ha colpito così forte, che mi ha insegnato a resistere”. Il 29 settembre 1944 ha perso dodici famigliari ma non il sorriso della sua mamma e il riflesso del volto materno è diventato l’impulso per una ribellione ad un mondo fatto di recriminazioni e rivalse.

La bellezza lo ha aiutato a resistere al male, a capire che il mondo può essere anche diverso da quello che è. É proprio così: la grazia femminile diventa indelebile quando figlie e figli vedono una madre mettere avanti il donare al ricevere. 


La trentacinquesima parola buona è Mamma.

É quando riconosciamo che siamo fatti da legami che vediamo chiaramente che un filo prezioso unisce le stoffe della memoria e della libertà.



Testo in simboli CAA

[Versione in simboli a cura di Antonio Bianchi, Centro Sovrazonale di Comunicazione Aumentativa di Milano e Verdello, secondo il modello definito dal Centro Studi inbook]


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Sergio Astori

Chi sono

Sono papà di Giulia e Silvia e marito di Monica, immunologa clinica.
Mi appassiona conoscere ciò che ci anima come donne e uomini, e studio le situazioni di limite che possono offuscare la bellezza delle persone.
Sono cresciuto a Bergamo, poi sono diventato medico a Milano, poi mi sono specializzato a Pavia in psichiatria e psicoterapia, infine ho completato gli studi con un dottorato in Salute pubblica, scienze sanitarie e formative.
Esercito a Milano dove insegno alla Facoltà di Psicologia dell’Universita Cattolica.
Quello che credo in una frase?
In noi l’intelligenza coniugata con la coscienza è una scintilla di infinito che può fare la differenza.