Coraggio

C
Un salvagente sullo sfondo del mare dalle tinte calde di un’alba nascente.

La trentesima parola buona è CORAGGIO.

Ci sentiamo proprio dei naufraghi in mezzo al mare.

Nel tempo della pandemia, si parla di ondate di contagi come se si trattasse di forze incontrollabili che posso sommergere le nostre vite e le nostre attività.

Dall’inizio di quest’anno, alla diffusione del Coronavirus che abbiamo conosciuto nel 2020, si stanno aggiungendo le sub-epidemie dovute alle varianti del virus. Le onde sfavorevoli montano proprio nel momento in cui la campagna vaccinale sembra farci dirigere verso approdi sicuri.

Come psichiatra, più volte ho incontrato donne e uomini superstiti di catastrofi. Ricordo in particolare i sopravvissuti all’incendio del traghetto Norman Atlantic affondato nel Mare Adriatico la notte del 28 dicembre 2014. Attraversava il canale di Otranto tra l’Albania e l’Italia.

Nel cuore di una notte di vento e pioggia, per quasi dieci ore, i passeggeri sono stati messi in salvo dalla nostra Marina militare. Le fiamme salivano dai garage dove si era innescato un incendio e gli scoppi nella pancia della nave sembrava che potessero farla andare a pezzi.

Il reparto elicotteri ha trovato la collaborazione di alcuni passeggeri che, restando sui ponti della nave inclinata, in mezzo al fumo per ore e ore, hanno aiutato i militari nel trasbordo dei naufraghi sulla nave di appoggio San Giorgio.

Ironia della sorte, alcuni di coloro che si sono trasformati in soccorritori, esattamente trenta anni fa avevano affrontato quel tratto di mare per cercare fortuna nel nostro Paese lasciando in Albania le loro famiglie.

Le situazioni estreme fanno vedere con chiarezza chi e che cosa vale la pena di portare in salvo.

La nuova parola buona é Coraggio.

Quando facciamo con dignità ciò che va fatto, le ali del coraggio hanno già iniziato a farci spiccare il volo.


Testo in simboli CAA

[Versione in simboli a cura di Antonio Bianchi, Centro Sovrazonale di Comunicazione Aumentativa di Milano e Verdello, secondo il modello definito dal Centro Studi inbook]


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Sergio Astori

Chi sono

Sono papà di Giulia e Silvia e marito di Monica, immunologa clinica.
Mi appassiona conoscere ciò che ci anima come donne e uomini, e studio le situazioni di limite che possono offuscare la bellezza delle persone.
Sono cresciuto a Bergamo, poi sono diventato medico a Milano, poi mi sono specializzato a Pavia in psichiatria e psicoterapia, infine ho completato gli studi con un dottorato in Salute pubblica, scienze sanitarie e formative.
Esercito a Milano dove insegno alla Facoltà di Psicologia dell’Universita Cattolica.
Quello che credo in una frase?
In noi l’intelligenza coniugata con la coscienza è una scintilla di infinito che può fare la differenza.