Leggerezza

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Abbiamo scelto l’immagine di una scopa di saggina affiancata ai sassi per ricordare la concretezza della leggerezza.

La ventiseiesima parola buona è LEGGEREZZA.

Mi dice una paziente in psicoterapia da anni: «Vorrei raccontarle questo. Alla fine di uno dei miei incubi ecco che mi alzo con queste parole della canzone del film di Walt Disney: Impara a fischiettar…». 

La ricordiamo tutti, credo, la canzone di Biancaneve. Una ragazzina con la pelle bianca come la neve intona: “Provate a fischiettar… Vedrete che il lavoro più leggero vi sarà!

Provate a canticchiar…Un semplice motivo sempre allegri vi terrà!

Cantando prenderò…La scopa e dopo un pò invece di spazzare di ballar con lei vi sembrerà!”. 

Perché la paziente ha avvertito così fuori luogo l’invito del suo sogno a canticchiare? Non avrebbe dovuto stupirla. Forse era solo il riemergere del ricordo del tempo della sua infanzia, di una leggerezza lontana dalla sensazione di affaticamento che stiamo provando tutti come «naturale reazione a una situazione che dura da molto e di cui non si vede la fine». Ciò che l’Organizzazione mondiale della Sanità ha diagnosticato come Pandemic fatigue. 

La paziente mi racconta anche che sta seguendo un corso di inglese e, per curiosità, provo a leggere il testo originale della canzone. Mi accorgo che la versione inglese, ha meno il sapore di un consiglio bonario di fischiettare e canticchiare per rendere meno gravose le faccende di casa. Indica un metodo valido per i bimbi quanto per gli adulti, che suona più o meno così: «Fischia mentre lavori e insieme possiamo riordinare allegramente questo posto. Quindi canticchia un’allegra melodia. Non ci vorrà molto per aiutarti a stabilire il ritmo quando c’è una canzone. E mentre spazzi la stanza immagina che la scopa sia qualcuno che ami e presto scoprirai che stai ballando con ritmo». 

Così il senso cambia un po’. Non so se la paziente abbia inconsapevolmente colto il valore del testo del 1937 che indica chiaramente che non esiste un “prima” in cui si studia il da farsi, si impara a canticchiare, e un “dopo” in cui ci si applica. La formula della leggerezza, anzi, non contempla rinvii. È adesso, nel momento presente, subito che ci dobbiamo adoperare per amare quello che abbiamo da fare e, facendolo, vincere non la fatica del lavoro, ma l’inerzia che fa rinviare la partenza. Allora, anche il cartone animato evocato nel sogno dice qualcosa di simile dall’invito di uno dei protagonisti de’ La peste di Camus: “Bisogna accettare lo scandalo e cominciare a camminare nelle tenebre”.

La nuova parola buona è Leggerezza. 

I primi passi sono sempre incerti, ma poi si va. Lasciamo alle spalle ciò che impedisce di cominciare e così libereremo il ritmo dei giorni che ci attendono. 


Testo in simboli CAA

[Versione in simboli a cura di Antonio Bianchi, Centro Sovrazonale di Comunicazione Aumentativa di Milano e Verdello, secondo il modello definito dal Centro Studi inbook]

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Sergio Astori

Chi sono

Sono papà di Giulia e Silvia e marito di Monica, immunologa clinica.
Mi appassiona conoscere ciò che ci anima come donne e uomini, e studio le situazioni di limite che possono offuscare la bellezza delle persone.
Sono cresciuto a Bergamo, poi sono diventato medico a Milano, poi mi sono specializzato a Pavia in psichiatria e psicoterapia, infine ho completato gli studi con un dottorato in Salute pubblica, scienze sanitarie e formative.
Esercito a Milano dove insegno alla Facoltà di Psicologia dell’Universita Cattolica.
Quello che credo in una frase?
In noi l’intelligenza coniugata con la coscienza è una scintilla di infinito che può fare la differenza.